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“Le parole. Nasciamo con un mare di parole dentro. Le abbiamo attorno, come se ci piovessero addosso. Possono ferirti, o portarti in paradiso. Hanno un potere immenso. Eppure a volte non è facile decidere come usarle”
Con un incipit del genere non è semplice trovare le parole giuste per descrivere una trama di cui si sente addosso una grande responsabilità e allo stesso tempo si percepisce la totale libertà di potersi esprimere. Il filo conduttore di tutta la storia di Ivan e Celeste è rappresentato da un piccolo e prezioso oggetto: un libro di poesie che unisce due persone sconosciute, due città diverse e tantissime parole taciute ma nascoste nel cuore.
E’ Celeste, ostetrica milanese, a trovare questo piccolo libricino rosso nella libreria dove si rifugia quando sente il bisogno di evadere dalla quotidianità. La sua vita è così ordinaria da sembrare banale, ma questa semplicità nasconde tutto il senso di accettazione di un’esistenza serena e senza particolari scossoni. Il piacere dei piccoli istanti diventa importante: aiutare una vita a venire al mondo, leggere un bel libro, ascoltare un disco su un vecchio mangianastri, passeggiare lasciando correre lo sguardo su una Milano così autunnale da diventare poetica.
Celeste è una giovane donna talmente appagata dal suo lavoro che ogni giorno trova la gioia di commuoversi per i piccoli gesti. Ma la sua anima è piena di piccole zone d’ombra da cui cerca di fuggire e quando accade che lo sconforto prenda il sopravvento, vorrebbe fuggire lontano per evitare il confronto con la sua parte più inquieta.
Ha una famiglia strampalata ma unita da un forte amore comune, capace di donarle la forza di un legame indissolubile che la proteggerà sempre. Ed è proprio la sua famiglia che la spinge a creare un piccolo rituale che Celeste perpetua ogni 24 ore, aiutandola a non sottovalutare mai la vita e le persone, cercando a fine giornata di trovare una parola che possa definire i momenti vissuti.
“Le parole sono tutto. Persino quelle che non si dicono.
Possono incidere un solco nel cuore. Per non farsi dimenticare mai più. E stavolta, le parole di qualcuno che non esiste più mi hanno portata proprio qui”
Il Natale si avvicina e col suo incedere arriva anche un senso di nostalgia per le cose perdute che spegne l’entusiasmo e porta a fare i conti con la solitudine. Tra gli scaffali di una libreria di volumi usati, Celeste trova un prezioso libricino rosso di poesie di Hikmet che la attira, spingendola in una spirale avventurosa che spazzerà via la monotonia, regalandole un filo di speranza e un futuro pieno di sorprese.
E’ un libro appartenuto a qualcuno, pieno di annotazioni a margine che stuzzicano la sua curiosità, fino a farle decidere di intraprendere un viaggio a Berlino alla ricerca di se stessa e dello sconosciuto proprietario del libro.
“Qualcosa si è lasciato andare, dentro di me. Mi sento in una nuova dimensione, pacificata, pronta a rinascere. Respiro a fondo, come se risalissi dall’apnea”
Berlino è la città simbolo per eccellenza per questa trama. Una città ricca di storia e di progresso, con un passato pesante e un futuro coraggioso, divisa in due come il cuore di Ivan e Celeste anche se per motivi diversi.
E a Berlino vive Ivan, così concentrato a non mettere più il suo cuore in gioco, a non coinvolgere le sue emozioni, taciturno, che di parole ne usa pochissime a differenza di Celeste. Dal primo istante in cui la vede, capisce la sua esuberanza, respira il suo gioire alla vita. Perché per Ivan, Celeste è vita, luce e allegria, è una carezza sulle cicatrici raggrinzite della sua anima oscura. E’ tutto ciò che ha cercato di tenere lontano da se negli ultimi 3 anni, Celeste significa tornare in superficie, ricominciare a vivere, abbandonare le ancore del passato e fare pace col proprio dolore.
Siamo così ingiusti con noi stessi quando la sofferenza ci toglie la lucidità necessaria per sopravvivere, ed è molto più semplice aggirare il dolore per non affrontare i sensi di colpa che ci portiamo dentro. Il personaggio di Ivan crea empatia; la sua bolla impermeabile di vuoto affettivo lo protegge fino all’arrivo di questa ragazza armata solo di sorrisi, che lo scuote al punto di riportarlo a galla dal suo dolore, e per lui non è facile trovare un nuovo equilibrio, anche se questo ha il sapore della felicità.
“Io lo sento come se fosse mio, il dolore che mi sta buttando addosso. Mi stordisce e mi trafigge da parte a parte. E’ su di me, mentre lui trema di indignazione, di rabbia. Contro la vita. Contro la morte. Forse anche contro se stesso”
L’odio e la morte sono il rovescio di due medaglie: quelle dell’amore e della vita, tanto potenti quanto similari. Ivan odia Celeste, con lei urla, litiga, ma grazie al suo amore riesce a perdonarsi, a tornare a desiderare di vivere, a capire che lei che aiuta i bambini a venire al mondo, è stata capace di far nascere una seconda volta anche lui.
La vita è capace di stravolgerti in un solo mese. All’improvviso l’imperfetto diventa perfetto con la forza dell’amore. Quella vita che qualunque cosa accada merita di essere rispettata. Tutte le parole del mondo è un piccolo capolavoro, una gemma letteraria che con una trama struggente e malinconica fa intraprendere un viaggio ai lettori talmente emozionante da restare senza parole. Una storia bellissima con due protagonisti che restano incatenati al cuore.
Emily Pigozzi ci racconta con le parole dei due protagonisti il valore della nostra vita, e attraverso l’intensità del racconto di Ivan, costellato di dolore, ci fa capire che dobbiamo essere grati a persone come Celeste capaci di farci comprendere che continuare a vivere un’esistenza in cui essere felici non è utopia ma certezza.
E se come Celeste dovessi cercare una parola per descrivere questo romanzo, questa sarebbe…..DESTINO.
“Si fa l’amore, si nasce, si fanno bambini, si soffre, si ride, si vive. Si muore. E tutto è incredibile e magico, come una forza inspiegabile e semplice, che non finisce mai.
Il grande mistero”
Wanessa